Argentina, 2009
82 min.
Scritto e diretto da Santiago Loza
Angosciata e priva di affetti, Maria incontra Mateo,
misterioso studente di medicina soggetto a crisi di panico notturne.
Quest’ultimo, ossessionato dal funzionamento dei corpi, sembra incapace di
reazioni e sentimenti umani. Freddo e assente, si perde in un mondo altro, solo
l’acqua riesce a catalizzare la sua attenzione e a tranquillizzarlo: il giovane
infatti trascorre lunghe ore in piscina, ipnotizzato dalle onde e dai piccoli
partecipanti al corso di acquaticità neonatale. In cerca di qualcuno che lo
accompagni e lo sostenga in un lungo viaggio di cui tace lo scopo, Mateo si rivolge a Maria che, sfaccendata, accetta la proposta.
Durante il tragitto in auto, che dura diversi giorni, i due rimangono in silenzio, ciascuno a rimuginare i propri pensieri e angosce. Poco per volta, questi due individui ipersensibili faranno conoscenza e si apriranno l’uno all’altro. Occupandosi di Mateo, Maria recupererà un senso e una serenità che le ridaranno il gusto della vita; mentre Mateo andrà fino in fondo alla propria ossessione.
Durante il tragitto in auto, che dura diversi giorni, i due rimangono in silenzio, ciascuno a rimuginare i propri pensieri e angosce. Poco per volta, questi due individui ipersensibili faranno conoscenza e si apriranno l’uno all’altro. Occupandosi di Mateo, Maria recupererà un senso e una serenità che le ridaranno il gusto della vita; mentre Mateo andrà fino in fondo alla propria ossessione.
In un’efficace evocazione della solitudine e della ricerca
di sé, il regista Santiago Loza
utilizza la luce al fine di creare una freddezza quasi chirurgica, esplorando
da vicino i volti smorti e i corpi quasi scheletrici dei protagonisti. Le
sequenze in piscina, dove Mateo si
abbandona a una danza silenziosa, evocano la sensazione di incertezza e
smarrimento che accompagna i protagonisti per tutto il film, sensazione che
ritroviamo nei paesi e nelle anonime camere d’albergo in cui pernottano. Di una
bellezza strana e inquietante, La
invención de la carne, con la sua atmosfera eterea data dalle scenografie
spoglie e dalla luce cruda, è un film sospeso tra sogno e realtà.
Recensione tratta da RSI.ch
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