Spagna, 1934
19 min.
Regia di Ramón Biadiú
Il 12 ottobre del 1937 nell’angusta sala al primo piano degli
Champs-Élysées sede de Le cercle du cinéma, cineclub fondato da
Henri Langlois e da Georges Franju, Luis Buñuel introdusse
personalmente la visione di Un chien
andalou in una rassegna in suo onore. Oltre alla proiezione
dell’imprescindibile esordio del regista aragonese l’eterodosso programma della
giornata comprendeva altri lavori provenienti dalla terra iberica tra i quali
spiccava La ruta de Don Quijote del catalano
Ramón Biadiú, documentario girato tre
anni prima e ispirato agli itinerari di Don
Chisciotte e Sancho Panza.
Il film si presenta sin
dal titolo come Una visione documentaria
de l’itinerario di Don Chisciotte quasi a riassumerne l'approccio senza
dare adito ad alcun fraintendimento: l’unica concessione letterale al romanzo
viene affidata alle didascalie, la visione di Biadiú è parziale, non ha alcun intento di penetrazione dell’opera nella
sua interezza; documento limitato alla specificità di genere: la semplice registrazione
di un percorso, non tergiversa sulle gesta del nobile cavaliere e del suo
fedele scudiero, ma dà una concreta rivisitazione dei luoghi del loro passaggio,
perlomeno nei 19 minuti giunti sino a noi rispetto ai 32 originari. Ma questo
impegno per il tangibile ostentato dal regista non sospende il potere evocativo
del cinema, valga per tutte la sequenza dove le allucinate visioni di Don Chisciotte più che da una
rarefazione delle immagini vengono evidenziate dai differenti contesti musicali
che si alternano in un’operazione semplice ma di efficacia buneliana, quella
lucidità che il grande maestro aragonese aveva in parte soffocato nei suoi esordi surrealisti e che troverà
vera espressione solo dopo il suo passaggio in Messico.
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