venerdì 16 maggio 2014

Sanatorium Pod Klepsydra


 Polonia, 1973
124 min.
Regia di Wojciech Has
Sceneggiatura di Wojciech Has; dall’omonimo romanzo di Bruno Shulz
Fotografia: Witold Sobociński
Musica: di Jerzy Maksymiuk
Cast: Jan Nowicki, Józef Kondrat, Irena Orska, Gustaw Holoubek, Halina Kowalska, Filip Zylber, Bena Adamek, Jerz 


Jozef si reca in visita dal padre ricoverato in un sanatorio che offre una particolarissima cura ai propri pazienti. Superato l’ingresso si ritrova in una struttura fatiscente ed in rovina dove nessuno, pare, sia presente ad occuparsi dell’ospedale e dei suoi degenti chiusi all’interno di stanze impenetrabili, ma la soglia è stata ormai superata e un viaggio ben più arduo lo attende.


 
Un luogo dove si dorme sempre, ma in cui non è mai notte; così viene maliziosamente presentato all’ignaro Jozef ed a noi spettatori Il sanatorio all’insegna della clessidra, quasi a voler avvertire che la dialettica sogno/risveglio cardine dello svolgimento del racconto onirico, cui le sequenze iniziali ci hanno in parte preparato, sarà monca, impossibilitata all’interno di un cortocircuito. Il sogno di Jozef è un viaggio a ritroso nel tempo, ai fantasmi della sua infanzia ed oltre se stesso, ai suoi mondi esotici e fantastici, ai protagonisti della storia europea del XIX secolo sino ai secoli remoti in una peregrinazione forzata da un risveglio impossibile, nei corridoi colmi di ragnatele e nei binari morti, negli anfratti logori di tempo rigurgitato in un continuo smarrirsi nel sogno dato che, per dirla con le parole di Walter Benjamin: C’è un sapere non ancora cosciente di ciò che è stato, la cui estrazione alla superficie ha la struttura del risveglio.



Ogni primavera comincia così, con quegli oroscopi immensi, frastornanti, non a misura di una stagione; in ognuna…c’è di tutto: infiniti cortei e manifestazioni, rivoluzioni e barricate; attraverso ognuna passa in un determinato momento quell’ardente ventata di frenesia, quella sconfinata tristezza ed esaltazione che invano cercano un equivalente nella realtà.
Bruno Schulz



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