Las aka The forest
Polonia, 2009
75 min.
Scritto e diretto da Piotr Dumała
Fotografia: Adam Sikora
Musica: Paweł Szymański
Montaggio: Katarzyna Maciejko-Kowalczyk, Beata Liszewska
Interpreti: Stanisław Brudny, Mariusz Bonaszewski
Polonia, 2009
75 min.
Scritto e diretto da Piotr Dumała
Fotografia: Adam Sikora
Musica: Paweł Szymański
Montaggio: Katarzyna Maciejko-Kowalczyk, Beata Liszewska
Interpreti: Stanisław Brudny, Mariusz Bonaszewski
Un padre conduce il proprio figlio in un bosco e contemporaneamente il figlio cura il proprio padre immobilizzato a letto.
Piani paralleli che coesistono in una zona di confine dove padre e figlio vivono ruoli diversi ma co-dipendenti, in cui si intrecciano i temi del dominio, della cooperazione, dell'amore, del sacrificio e della morte.
Piani paralleli che coesistono in una zona di confine dove padre e figlio vivono ruoli diversi ma co-dipendenti, in cui si intrecciano i temi del dominio, della cooperazione, dell'amore, del sacrificio e della morte.
Las è il primo lungometraggio di Piotr Dumała e anche, escluso un breve
prologo, il primo progetto al di fuori del cinema d’animazione.
La prima sequenza mostra padre e figlio a piedi nella foresta. L'uomo anziano cammina davanti sostenendosi con un bastone. Si ferma ogni tanto scrutandosi attorno come se volesse attirare l'attenzione del figlio su qualcosa. Il figlio, un uomo adulto, si comporta come un adolescente, si nasconde dietro al padre, rimane alle sue spalle, poi riprende a camminare. Vi è una chiara ed evidente divisione dei ruoli.
Le immagini della foresta si alternano grazie a un raffinato lavoro di montaggio con quelle all’interno di una casa: il figlio si prende cura del padre, lo lava, lo nutre, prova ad ascoltarlo, ma nonostante questi sia oramai immobilizzato in un letto le gerarchie paiono immutate.
C’è una condizione di deterioramento in Las che investe non solo i corpi e gli oggetti ritagliati in uno splendido bianco e nero che tanto ricorda i lavori d’animazione del regista, l’algida sensazione dell’impossibilità di riuscire a colmare la distanza dei corpi nonostante la loro prossimità e la loro potenza si palesa nell’ambivalenza di un abbraccio trasfigurato da impulso emozionale a puro puntello pratico.
La prima sequenza mostra padre e figlio a piedi nella foresta. L'uomo anziano cammina davanti sostenendosi con un bastone. Si ferma ogni tanto scrutandosi attorno come se volesse attirare l'attenzione del figlio su qualcosa. Il figlio, un uomo adulto, si comporta come un adolescente, si nasconde dietro al padre, rimane alle sue spalle, poi riprende a camminare. Vi è una chiara ed evidente divisione dei ruoli.
Le immagini della foresta si alternano grazie a un raffinato lavoro di montaggio con quelle all’interno di una casa: il figlio si prende cura del padre, lo lava, lo nutre, prova ad ascoltarlo, ma nonostante questi sia oramai immobilizzato in un letto le gerarchie paiono immutate.
C’è una condizione di deterioramento in Las che investe non solo i corpi e gli oggetti ritagliati in uno splendido bianco e nero che tanto ricorda i lavori d’animazione del regista, l’algida sensazione dell’impossibilità di riuscire a colmare la distanza dei corpi nonostante la loro prossimità e la loro potenza si palesa nell’ambivalenza di un abbraccio trasfigurato da impulso emozionale a puro puntello pratico.
Dumała si sottrae da una lettura personale della pellicola: Non
so se ho girato Las per fare i conti con la mia coscienza, quello che
mi interessava era la condivisione della prossimità della morte,
l’attraversamento del confine. Essere vicino a qualcuno che muore e
condividere i propri sentimenti. Ma questo film non è autobiografico, è
più che altro una riflessione generale sulla morte veicolata da una
situazione che ho conosciuto, che ho vissuto e che mi ha toccato. Volevo
solo condividerla…
In animazione è possibile mostrare reazioni che sono impossibili nella realtà, Las non poteva che trovare spazio al di fuori di essa…
Nessun commento:
Posta un commento