FÖVENYÓRA aka HOURGLASS
Serbia/Ungheria, 2007
104 min.
Regia: Szabolcs Tolnai
Sceneggiatura: Szabolcs Tolnai, basato sull'opera di Danilo Kiš
Fotografia: Gergely Pohárnok
Montaggio: Szilvia Ruszev, Desimira Georgijev
Suono: Vladimir Stanojevic, János Kőporosy
Musica: Szabolcs Szőke, Strange Party Orchestra
Scenografia: Diana Radosavljevic
Costumi: Sosa Juristovszky
Interpreti e personaggi: Slobodan Ćustić (Eduard Sam), Nebojša Dugalic (Andreas Sam), Jasna Žalica (Maria Sam), David Vojnić Hajduk (Andreas Sam bambino), Lars Rudolph (Soldato senza ossa), János Derzsi (Kohn), Kati Lázár (Rebeka Kohn), Mari Nagy (Signora Fischer), Ádám Rajhon (Hermann Fischer)
Serbia/Ungheria, 2007
104 min.
Regia: Szabolcs Tolnai
Sceneggiatura: Szabolcs Tolnai, basato sull'opera di Danilo Kiš
Fotografia: Gergely Pohárnok
Montaggio: Szilvia Ruszev, Desimira Georgijev
Suono: Vladimir Stanojevic, János Kőporosy
Musica: Szabolcs Szőke, Strange Party Orchestra
Scenografia: Diana Radosavljevic
Costumi: Sosa Juristovszky
Interpreti e personaggi: Slobodan Ćustić (Eduard Sam), Nebojša Dugalic (Andreas Sam), Jasna Žalica (Maria Sam), David Vojnić Hajduk (Andreas Sam bambino), Lars Rudolph (Soldato senza ossa), János Derzsi (Kohn), Kati Lázár (Rebeka Kohn), Mari Nagy (Signora Fischer), Ádám Rajhon (Hermann Fischer)
Andreas Sam è un giovane scrittore alla ricerca delle proprie radici e
della memoria del padre scomparso nel vortice della seconda guerra
mondiale. Mentre cerca di ricostruire il suo labirintico passato, invece
di trovare risposte si scontra con la mai sopita vulnerabilità,
l'ineluttabile condizione d'apolide, la costante nostalgia e il
desiderio d'appartenenza. Tragico ritratto di un cittadino dell'Europa centro-orientale, vissuto
tra religioni e culture diverse e spesso costretto in condizione di
minoranza, in un secolo di delirante furore nazionalistico e di
paranoide cecità ideologica.
Sin dalle prime parole: come si fa notte presto qui, dopo che la
pioggia ha sorpreso una famiglia mentre raccoglie legna in un bosco al
crepuscolo, una sensazione di claustrofobica inquietudine avvolge questo
splendido film, girato in un intimistico bianco e nero in cui
l'oscurità permea la pellicola come inchiostro sulla carta assorbente. L'occhio del regista si commisura in primis con la fisicità del mondo,
l'untuosità di un tavolo, il crollo di un muro, un foro sulla spalliera
di un divano divengono palpabili, così come le indimenticabili carrellate sui volti. La narrazione non è semplice, ma discontinua, onirica, il film è basato
sulle opere autobiografiche dello scrittore serbo/ebreo Danilo Kiš, nato
nel 1935 a Subotica sul confine serbo-ungherese, questi trascorse gli
anni della guerra in Ungheria, dove la sua famiglia si era rifugiata per
sfuggire ai pogrom. Figura centrale della narrazione è il tormentato padre Eduard, ex ispettore capo delle ferrovie, morto ad Auschwitz. La ferrovia tratteggia un potente immaginario nel film, quello che una
volta era un aspetto regolato della civiltà tracciato da Eduard nel suo
'Orario delle comunicazioni tranviarie, navali, ferroviarie e aeree',
diviene di volta in volta teatro di caos e imprevedibilità o itinerario
di fuga e rimozione della prigionia. Un film innegabilmente tortuoso, la cui visione necessita d'una
conoscenza di base della vita di Kiš per evitare perplessità, ma
estremamente bello, inquietante; un conturbante tentativo di catturare,
in parte proustiano, in parte borgesiano la sensazione delle cose
perdute.
Sheila Seacroft
La stessa parola clessidra, in tutti i suoi significati,
è in realtà una metafora per fessura, clessidra in quanto massa di
sabbia è il prodotto di terremoti e fenditure geologiche, come orologio a
sabbia clessidra è una fessura attraverso la quale scorre sabbia-tempo;
Clessidra è l'immagine di un'epoca sgretolata, di esseri incrinati e
del loro creatore crepato. Clessidra è fessura perfetta!
Danilo Kiš
Danilo Kiš
Ciao, grazie per la recensione, amo molto Kiš ma ignoravo l'esistenza di questo film. Mi sembra di capire che nel film è stata mantenuta l'attenzione morbosa per quei dettagli insieme scabrosi e poetici tanto cari allo scrittore - Giardino, cenere si apre con la descrizione delle macchie di unto sul vassoio ossidato con cui la madre portava la colazione. Tra l'altro, la frase come si fa notte presto qui è (Spoiler Alert?) la frase conclusiva del libro.
RispondiEliminaAssolutamente, il lavoro di Tolnai sulla sceneggiatura è stato quasi maniacale; ha seguito l’impostazione di Clessidra (il libro) aggiungendo particolari tratti da Giardino, cenere e da Dolori precoci. Ci sono alcune sequenze che non sono riuscito a rintracciare ma, al momento, oltre alla trilogia ho letto solo Homo poeticus. Ciao e grazie a te per l’attenzione.
Elimina