giovedì 27 marzo 2014

V gorakh moyo serdtse


V gorakh moyo serdtse aka My Heart Is in the Highland
Russia, 1967
31 min.
Regia: Rustam Khamdamov
Cast: Yelena Kozelkova, Yelena Solovey


V gorakh moyo serdtse è un cortometraggio girato nel 1967 dal  cineasta di origine uzbeca Rustam Khamdamov da studente al VGIK di Mosca per il corso di cinematografia tenuto dal grande regista russo Grigori Chukhrai. Il corto del quale Khamdamov non fu solo regista, ma anche sceneggiatore,  scenografo, costumista nonché selezionatore del casting – ebbe la felice intuizione di proporre per la prima volta sullo schermo la splendida Elena Solovey che diventerà una vera e propria icona del cinema sovietico – mette in scena in forma d’ispirazione Il mio cuore negli altipiani di William Saroyan ebbe una discreta risonanza in patria e fuori e ricevette l’approvazione di numerosi cineasti “di peso” dalla Muratova a Paradjanov, da Federico Fellini a Luchino Visconti. Un cortometraggio frizzante ed estremamente godibile che ritrova con libertà e humour la poetica del cinema muto.





lunedì 24 marzo 2014

Hagane [FE]


Hagane aka FE
Giappone, 1994
67 min.
Regia: Kanji Nakajima
Musica: Kanji Nakajima
Suono: Hideki Koga, Yumi Yokoyama
Cast: Fumiko Kawahara, Eiji Maruyama, Reina Oshibe, Kouichi Adachi, Kanji Nakajima

  
In una zona industriale dove un contorto ammasso d’acciaio arrugginito si staglia sino quasi a coprire il cielo plumbeo e nuvoloso, di fronte a una fabbrica dal potente e costante gemito siede placidamente un vecchio pittore con la sua tela bianca appoggiata sul cavalletto in attesa di qualcosa. Qui incontra una bambina che gli chiede aiuto per seppellire un giocattolo rotto, incuriosita dal suo lavoro, dalle macchine e dagli scarti di metallo che circondano il luogo. La memoria della fabbrica, abbandonata da lungo tempo, viene ridestata dalla madre della bambina attraverso una storia raccontata in un libro illustrato.



Hagane è il film d’esordio di kanji Nakajima, venne inizialmente ideato come cortometraggio nel 1991 col titolo di Fe - Dreams of fish, poi ultimato solo nel 1994 in forma di lungometraggio e nello stesso anno vinse numerosi premi, tra cui quello per la miglior opera prima e il Piatto d'Argento al Portugal International Film Festival e il gran premio della giuria all'Unesco Art/Education International Film Festival. Si tratta di un film intriso di malinconia e come nelle successive opere di del cineasta nipponico fortemente legato a quell’immaginario macro-dimensionale che ancora riesce a ritrarre l’articolato rapporto tra la scienza e il futuro della nostra civiltà in maniera profonda e quieta, ma umorale. La macchina di Nakajima è a una distanza siderale dalla macchina biopolitica, è la macchina come concatenazione di metalli, liquidi, concetti e forme, quella macchina esterna rispetto al corpo e alla mente umana: artefatto visibile nello spazio urbano, nello spazio della fabbrica e della strada. Si tratta della macchina esterna, pesante, ferraginosa e ingombrante da non confondere con la macchina internalizzata e ricombinante dell’epoca bio-informatica, l’epoca nostra, l’epoca nuova che inizia dopo la fine del secolo che credeva nel futuro...



La nostalgia è lo spazio in cui le cose animate e inanimate coesistono in armonia; Fe è il simbolo chimico del ferro, materiale pesante adoperato per fini industriali. Ma qui, in un’acciaieria abbandonata, il tempo e la ruggine hanno intaccato ciò che formalmente sembrava indistruttibile, creando figure dai risvolti carichi d’inquietudine, ma fascinosamente belle e poetiche, poetiche come i dialoghi tra il vecchio pittore e la bambina.
Dal catalogo del Manheim International Film Festival