giovedì 26 giugno 2014

Sevmek zamani


Turchia, 1965
89 min.
Scritto e diretto da Metin Erksan
Musiche originali: Metin Bükey
Fotografia: Mengü Yegin
Cast: Müsfik Kenter, Sema Özcan, Süleyman Tekcan, Oya Bulaner, Abdullah Demiryan, Kemal Ergüvenç


Halil è un imbianchino che assieme al suo collega Mustafa viene chiamato a ritinteggiare una casa su di un isola dove viene a contatto con il ritratto di una donna del quale si innamora perdutamente e che da quel momento diviene la sua ossessione sino a recarsi ogni giorno di nascosto per più di un anno nella casa dove l’oggetto del suo desiderio si trova.


 
Ma tutto questo non ci viene mostrato, lo scopriremo solo dopo grazie alla narrazione dei protagonisti, perché Sevmek zamani racconta la storia dell’incontro tra Halil e Meral, la donna il cui ritratto ha così profondamente turbato la vita del giovane operaio, il film ci mostra attraverso una regia impeccabile lo scontro tra due universi fortemente distanti e quasi incompatibili della nazione turca, o meglio come ha scritto un utente di IMDb: indaga attraverso un rigoroso realismo la caotica battaglia identitaria tra oriente e occidente e attraverso questa distanza ci mostra due percezioni dell’amore : quella urbanizzata della donna che vuole stare con l’uomo innamorato del suo ritratto contrapposta a quella orientale dell’uomo che rifiuta la ragazza dicendole: ‘Io sono innamorato solo del tuo ritratto’… Il feticcio e il sublime!





lunedì 23 giugno 2014

977




 
Russia, 2006
87 min.
REGIA: Nikolay Khomeriki
SCENEGGIATURA: Nikolay Khomeriki, Yuniy Davidov, Alexander Rodionov
FOTOGRAFIA: Alisher Khamidkhodzhaev
MONTAGGIO: Kirill Kozlov, Igor Kireev
MUSICHE: Fedor Lavrov
CAST : Fedor Lavrov, Klavdia Korshunova, Katerina Golubeva, Pavel Lubimtsev, Alica Khazanova, Andrey Kazakov, Olga Demidova, Sergey Tsepov, Igor Ovchinnikov, Sergey Petrov, Stanislav Mikhin, Anna Ardova, Tatyana Mitiyenko, Irina Barskaya, Darya Barskaya, Leos Carax


Il mondo, quello che si crede di conoscere, che si percorre ogni giorno, è lasciato fuori campo. In 977 opera prima del russo di Mosca Nikolay Khomeriki, un uomo, uno scienziato, lo osserva sfocato (in un film dove ancora una volta l'inizio e la fine si incontrano uguali e diverse) a bordo di un non meglio identificato mezzo di trasporto che lo conduce in uno spazio segreto, al di là di una frontiera invisibile: un edificio-laboratorio in cui altri scienziati e un gruppo di volontari che si sono proposti come cavie conducono esperimenti nel tentativo di verificare l'armonia interiore attraverso l'algebra. E il numero che dà il titolo al film è il codice cifrato legato a quella ricerca, che si ispira alle regole della matematica alfine di spiegare, se mai ciò è possibile, la sfera emozionale e spirituale dell'essere umano.



977 è un film di realismo fantastico nel senso, migliore, di molto cinema pensato, prodotto e realizzato in quella che era l'Europa dell'Est. Dunque, un film dove ogni immagine condensa un immaginario filmico e politico immediatamente riconoscibile e abbastanza raro da ritrovare nelle attuali cinematografie ex est europee. Un film che fa pensare, senza pedanterie, a Tarkovski, a quel Tarkovski che ci invita a un viaggio in un mondo solo apparentemente parallelo, lontano e misterioso (si pensi a Stalker o Solaris). Khomeriki rende quel laboratorio un set in trasformazione, filmato in soggettiva o comunque con occhio complice e in movimento, che entra nelle stanze dove si tengono gli esperimenti e negli spazi più intimi di un ambiente dove la linea tra vita privata e lavorativa si frantuma.


 
Un ampio salone può essere luogo di riposo per gli uomini e le donne lì ricoverati oppure spazio per una conferenza al termine della quale sarà svuotato dei suoi elementi. Così come la stanza più segreta, quella monitorata da una piccola videocamera-occhio in perpetuo movimento circolare, sarà osservata e penetrata in immagini che restituiscono, al pari delle luci e dei corpi, il senso di una realtà mutante nella quale convivono scienza e emozione. E i loro più imperscrutabili segni. L'anima di un numero e il numero, la temperatura sempre diversa, di un'interiorità.
Tratto da www.sentieriselvaggi.it