venerdì 4 aprile 2014

La ville des pirates


Francia/Portogallo, 1983
111 min.
Regia: Raoul Ruiz
Sceneggiatura: Raoul Ruiz
Fotografia: Acácio de Almeida
Montaggio: Valeria Sarmiento
Musiche: Jorge Arriagada
Cast: Hugues Quester, Anne Alvaro, André Engel, Melvil Poupaud, Duarte de Almeida, Clarisse Dole, Clarisse Dole, André Gomes


È forse il più estremo, labirintico, inspiegabile - impermeabile a qualsiasi riduzione schematica - tra i film del prolifico Raoul Ruiz. Non ci sono pirati e tanto meno una città, sostituita da un'isola semideserta e ventosa nei territori d'oltremare. Del resto, il film nasce a noi nell’inganno di una nominazione che promette una ville des pirates per poi offrire in realtà una Île des pirates, slittamento di senso in cui è contenuto, implicitamente il tema del confino e dell’esilio...



La ville des pirates è (de)composto sotto il segno del surrealismo, con il suo confidare nell’estasi, nello scandalo, nel richiamo alla natura selvaggia, alla mistificazione, ai sogni profetici, all'umorismo, al perturbante e viste le sorprendenti disorientanti evocazioni di Buñuel e Dalí, e l’affinità al discorso poetico di Eluard e Péret, viene da chiedersi se Ruiz non abbia elaborato il suo scenario utilizzando la modalità di scrittura automatica surrealista. Isidore è un’eroina puramente surrealista, in parte Ofelia, in parte Salomé, in parte Berenice, incline alla trance, al sonnambulismo, al contatto con l'altra parte. Figura latamente edipica, questa serva/figlia/amante/orfana e destinata all’esilio elabora in sé la divinazione di di una narrazione oracolare in cui si genera ed esaurisce il senso degli eventi… Insomma una figura fuori di sé, dannata in un perenne altrove in cui ridefinire se stessa, preda di un destino che del resto è comune a ognuno dei personaggi del film, figure sostanzialmente erratiche e fatalmente instabili non solo nel loro essere, ma anche e soprattutto nella loro identità…


 
La surrealtà abitata dalle macchine desideranti di Ruiz è fondata sull’enigma, sul paradosso, dettagli delle storie raccontate dai suoi personaggi riecheggiano le une nelle altre in un infinito gioco di rimandi, tanto da suggerire un ordine occulto dietro eventi distinti; ci si muove in avanti restando sempre nello stesso luogo. Le rocce e il mare non sono gli unici echi del film surrealista per eccellenza, L'Age d'or, l’umorismo criptico del maestro spagnolo viene ampiamente omaggiato, così come il Dalì dell’hitchcockiano Spellbound, gli scritti di Jacques Vaché e Robert Desnos, la fotografia di Bill Brandt, i vortici di Frans Zwartjes, una costellazione di congruenze che ha il merito di estendere e non svuotare la ricchezza del lavoro di Ruiz.



La città dei pirati è l’avverarsi di una profezia che genera se stessa nell’obbedienza alla ragione eterna di un’umanità condannata la sangue e all’incestuoso parto del Male…
Citazioni tratte da La sopspensione dell'oracolo divinazione e fine del tempo in la città dei pirati di Massimo Causo




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