lunedì 12 maggio 2014

Tren de sombras


Spagna, 1997
80 min.
Regia: José Luis Guerín
Fotografia: Tomás Pladevall
Montaggio: Manel Almiñana
Prodotto da Pere Portabella
Interpreti: Jessica Andrieu, Anne Céline Auché, Juliette Gautier, Marc Montserrat, Ivon Orvain


Il titolo di Tren de sombras è tratto da un testo di Gorki sui limiti del cinema nel ricreare la realtà in termini realisti; realizzato in pieno centenario del cinema, il film procede tra i piani dell’omaggio e del requiem all’invenzione dei fratelli Lumière.



Ci sono diverse prospettive del tempo nei miei film. Il tempo oggettivo per realizzare il film. Il tempo come tema all'interno della storia, come in Tren de Sombras. Il tempo come ritmo narrativo. Quello che mi affascina maggiormente è la capacità del cinema di catturare la fugacità del tempo… L’origine e la fine si incontrano in più di una occasione… quei due poli che si attraggono, il principio e la fine, ci sono anche in Tren de sombras attraverso le immagini che rinviano all’infanzia del cinema ma anche alla sua distruzione materiale. Provo a lavorare con la musica in una prospettiva organica, con il montaggio lascio che i rumori s'integrino nel film. In Tren de sombras ho lavorato alla musica che potevano sentire i personaggi di quelle vecchie pellicole familiari che ho trovato in Normandia, in Francia. Sono i commenti di Ravel e Rosembach, Debussy, Bela Bartok. La musica lì appariva come una forma astratta: quando le ombre inondano la casa e si crea una forma spettrale fantasmagorica, emerge la musica. Come attraverso un ponte onirico. Come le ombre dell'espressionismo tedesco. Senza musica il cinema sarebbe una forma retorica, ma la musica deve essere una costruzione sonora che rappresenta la gente del film. Bresson dice che nel cinema sono i suoni dei luoghi a trasformarsi in musica…



È un film di riflessi e ombre, di immagini virtuali. Questa è un’espressione che, prima di farmi pensare ai video e alle nuove tecnologie, mi suggerisce l’idea delle ombre e dei riflessi, e ambedue sono onnipresenti in tutto il film, anche nella sua parte più documentaria. C’è una progressione di riflessi nei vetri, negli specchi, o di quell’altra immagine spettrale che si va impadronendo del film: è come un complotto tra il tempo e la luce che si concretizzava quando, a una cert’ora del pomeriggio, un raggio di sole si incideva sul pendolo e, con la sua intermittenza, provocava una piccola proiezione.
José Luis Guerín




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