martedì 23 dicembre 2014

Nic


Polonia, 1998
75 min.
Regia di Dorota Kędzierzawska


C’è il cortile di un palazzo o meglio di una struttura dormitorio ricoperto da buche costantemente piene d’acqua piovana, gli interni sono polverosi scavati dalla luce solare che filtra attraverso le finestre fissati dalla sontuosa fotografia di Arthur Reinhart. È un mondo impenetrabile quello delineato dalla Kędzierzawska in questo singolare film attraversato da valori inflessibili e obsoleti che racconta la storia di una giovane donna di nome Hela, moglie premurosa e devota nonostante un marito aggressivo e poco presente oltre che madre di tre figli che la impegnano spasmodicamente. La scoperta dell’arrivo di un quarto figlio getta la donna nella disperazione, nasconde la gravidanza al marito provando ad abortire illegalmente nella cattolicissima Polonia dove la legge degli uomini coincide con la legge di Dio come le ricorda prontamente la funzionaria di un consultorio, ma le sue misere condizioni non le permettono di corrompere un medico e il suo confuso tentativo di procurarsi un aborto con l’inconsapevole aiuto della figlia non fa altro che mettere a rischio la sua vita e a ritardare la più drastica delle decisioni.


 
Nic getta lo sguardo in un universo lacerato e ferito dove le scene più insignificanti del quotidiano vengono magnificate, simbolizzate, incorniciate dal silenzio spettrale o punteggiate dalle malinconiche espressioni della qui esordiente e azzeccatissima Anita Kuskowska-Borkowska. Universo che paradossalmente non è in grado di evocare la dimensione della tragedia; la cineasta polacca non mostra nessun riguardo o empatia di genere per il destino creaturale della protagonista e tutte le altre donne presenti nella pellicola, il suo sguardo severo le relega a indolenti prosecutrici di un patriarcato al quale solo la prostituta pare in una qualche misura defilarsi assieme alla ragazza che offre il mandarino al piccolo Kotuš sulla quale comunque pesa l‘ambiguità di un gioco onirico della sconsolata Hela in quella che potrebbe essere solo una lucida irruzione del presente nel mondo doloroso e atemporale della giovane donna. Da abile ritrattista la Kędzierzawska utilizza con estrema raffinatezza una storia così terribile riconsegnandoci la sua caparbia visione del mondo dove il destino di questa donna è così ben collocato nel contesto della Polonia contemporanea da divenire immediatamente universale.





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