giovedì 16 ottobre 2014

Lebedyne ozero-zona

Russia, Canada, Svezia, 1990
97 min.
Regia di Yuri Ilyenko
Sceneggiatura di Sergei Parajanov (note autobiografiche dal carcere)
Cast: Victor Solovyov, Lyudmila Jefimenko, Maja Bulgakowa


Lebedyne ozero-zona è il film che Yuri Ilyenko ha dedicato ai terribili anni di reclusione di Sergei Parajanov; il film è stato girato negli stessi luoghi della prigionia del regista, compreso il centro di detenzione dove venne rinchiuso nel 1974 dopo la condanna a cinque anni di lavori forzati con l’accusa di omosessualità, contrabbando di opere d'arte e istigazione al suicidio, liberato poi solo nel 1977 grazie a una petizione internazionale di artisti e intellettuali.
La pellicola prende spunto dai pochi appunti presi dal regista armeno durante la prigionia e narra le vicende di un uomo senza nome che fugge da un campo di prigionia e si nasconde in un monumento rappresentante una falce e martello nei pressi del luogo dove era stato detenuto. Quando prova ad allontanarsene per continuare la sua fuga viene assalito da un gruppo di sconosciuti che dopo averlo malmenato lo riportano all’interno del monumento. Qui viene trovato da un bambino che ha eletto il monumento a suo  personale parco giochi, la madre di questi lo cura e se ne innamora scatenando nel bambino una gelosia che lo porterà a denunciare l’uomo che verrà nuovamente portato nel centro di detenzione dove questa volta tenterà il suicidio.


 
Non tragga in inganno il sentore da tragedia, Lebedyne ozero-zona non è un estetizzante esperimento di film carcerario né tantomeno un omaggio alla solennità del cinema di Parajanov, al quale Ilyenko ha attivamente collaborato affiancandolo come direttore della fotografia in molti dei suoi capolavori. La pellicola si dipana sorniona, sottotraccia, aritmicamente negando allo spettatore una naturale empatia nei confronti del protagonista, consegnandoci scampoli di una individualità logorata e fatta a pezzi o, al contrario, imprigionata istante per istante in un’immagine resa indecifrabile dalla frammentazione del vissuto - lo stesso regista affidò la sua esperienza d’internamento ad appunti scarni e a volte incongruenti - illinearità che Ilyenko muove nel suo film rinunciando a una rispondenza immediata, ma avviluppando lo spettatore in un mosaico indolente e perturbante che fa di Lebedyne ozero-zona un lucidissimo documento sulle effetti della spietata repressione in Unione Sovietica.




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