venerdì 16 gennaio 2015

L'homme qui attendait


Canada, 2006
7 min.
Regia di Theodore Ushev

 
Davanti alla legge sta un guardiano. Un uomo di campagna viene da questo guardiano e gli chiede il permesso di accedere alla legge. Ma il guardiano gli risponde che per il momento non glielo può consentire. L'uomo dopo aver riflettuto chiede se più tardi gli sarà possibile. “Può darsi” dice il guardiano, “ma adesso no”. Così inizia la parabola Davanti alla legge raccontata da un sacerdote a Josef K. mentre procedono affiancati avanti e indietro nella buia navata laterale di una chiesa. Chi la commenta è un sacerdote cattolico; chi la ascolta è un uomo senza fede. In questa tenebra avviene la sola rivelazione che la luce conosce in Kafka: invece di illuminare, la luce si fa tenebra a palesare ulteriormente l’impossibilità dell’attraversamento.


 
Come l’uomo raffigurato fermo di fronte alla porta in questo notevole cortometraggio di Theodore Ushev; in quel luogo egli ha la sola visione che gli è consentita: scorge lo splendore erompere inestinguibile dalla porta della Legge, sebbene velato dall’ombra della sua cecità, dall’ombra del buio disceso sul mondo, dall’ombra della morte che si avvicina, dall’ombra della distanza dal luogo dove nasce la luce. Credo che Platone avrebbe deriso l’uomo di campagna e il suo misero dono di luce. Ma, per Kafka, egli è il simbolo della più alta condizione metafisica che si possa raggiungere: condizione a cui né Josef K. né K. riescono ad avvicinarsi.
Pietro Citati






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